Patagonia
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- Pubblicato: Giovedì, 07 Aprile 2011 17:53
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PATAGONIA: IPERCARSISMO GLACIALE E POPOLI SVANITI
Esplorazioni fra i vortici cristallizzati dello Hielo Continental e tracce di popolazioni perdute.
L’America Meridionale è una lingua di terra che si spinge nel grande Oceano del Sud, a tagliarlo. Quelle zone ormai sub-antartiche, sono state ignorate per secoli per il loco clima inclemente. I velieri le aggiravano standone bene al largo, e così le popolazioni che le abitavano sono sopravissute sino all’inizio del ‘900. Discendenti degli umani che si sono spinti più lontano, a partire dalla culla originaria in Africa.
L’interesse per quelle aree è della fine dell’800, quando l’avvento delle navi a vapore ha reso possibile navigare controvento nello Stretto di Magellano. Vi furono fondate diverse città, ma in breve i coloni entrarono in urto con le popolazioni indigene, e finirono per sterminarle, un genocidio tanto remoto quanto totale.
Ancora adesso ampie zone della Patagonia sono diventate deserti, e le leggere tracce degli Ona, degli Yamana, sono diventate oggetto di ricerche archeologiche.
Sono forse le zone più incontaminate del pianeta Terra, distese di pianure, boschi e laghi quasi inaccessibili. E di ghiacciai fantastici, pieni di grotte. Ipercarsiche!
Le zone di ablazione dei ghiacciai patagonici sono a 0 °C, quindi di per sé il loro carsismo è identico a quello dei ghiacciai alpini o dell’Asia Centrale.
Nella realtà però le caratteristiche morfologiche degli apparati glaciali patagonici ne fanno un caso a parte, simile probabilmente al caso dei ghiacciai della Groenlandia meridionale.
I ghiacciai di tipo montano, vallivi, hanno dei bacini di ablazione di dimensioni limitate, simili alla superficie delle lingue di ghiaccio che ne scendono.
Le lingue quindi sono relativamente poco alimentate e in delicato equilibrio con la zona d’alimentazione. Il ghiaccio è relativamente giovane e non ha avuto il tempo di liberarsi delle bollicine d’aria intrappolata, che quindi lo rendono grigio e opaco. Già pochi metri sotto la superficie si è immersi nel buio.
E’ pure importante una considerazione generale sulla temperatura: in generale i cicli stagionali fanno sì che l’interno della roccia (e del ghiaccio, delle grotte, e delle cantine) si sistemi molto vicina alla temperatura media annuale del luogo in cui è esposta. Pochi metri sotto la superficie, la roccia è a 15 °C al livello del mare sulle coste liguri, a 8.5 °C a 1000 m slm, a 2 °C a 2000 m slm, per andare sotto lo zero a quote superiori a 2500... Anche il ghiaccio è forzato a quelle temperature, e quindi è stabile solo al di sopra della quota di isoterma annuale 0 °C. Ora sulle Alpi l’isoterma zero, e anche le fronti glaciali, sono intorno a 2500 m slm, con tendenza a salire per il riscaldamento globale.
In Patagonia, invece, il bacino di accumulazione è lo Hielo Continental Sur, una superficie glaciale di oltre ventimila chilometri quadrati, ed è quindi molto più vasto delle singole lingue che lo drenano, in totale di 2-3000 km2: Upsala, Viedma, Perito Moreno, Tyndall, Grey... Il ghiaccio permane molti secoli nel bacino di accumulazione e si purifica delle bolle d’aria intrappolate, diventando trasparente e bluastro. Le lingue sono sovralimentale e velocissime, quindi possono inoltrarsi sino a quote molto basse prima di fondere. In particolare ghiacciai come il Perito Moreno o Upsala arrivano a scorrere a quote dove la temperatura media annuale è intorno a 5 °C, un po’ come se sulla Alpi ci fossero ghiacciai che scorrono a 1500 m slm. Logicamente a quelle quote l’ablazione è intensissima, abbiamo misurato sino a oltre 20 cm al giorno, e quindi le grotte hanno un’evoluzione rapidissima e molto particolare.
Area geografica: estremità meridionale del Sud America, fra lo Hielo Continental Norte e Ushuaia.
Prospettive future: lo studio dell’evoluzione del carsismo nei ghiacciai patagonici può chiarirne il comportamento in questa fase di mutamenti climatici. Occorre proseguire il lavoro di esplorazione e documentazione dell’evoluzione delle grotte glaciali, articolando il discorso con la localizzazione di grotte in roccia con potenzialità archeologiche.
Patagonia: i vortici cristallizati
Le ricerche nelle grotte glaciali dello Hielo Continental, in velocissimi ghiacciai, pozzi di lapislazzuli e mutevoli vene d'acqua.
I Ghiacciai Patagonici
È nei ghiacciai patagonici che La Venta ha ottenuto i risultati più eclatanti, sia sul fronte esplorativo che su quello della ricerca scientifica.
Nel 1991 una breve spedizione al ghiacciaio Marconi (Patagonia Argentina) permette di valutare l'entità del fenomeno in un'area relativamente ristretta. Nel 1994 una seconda spedizione, al ghiacciaio Perito Moreno, questa volta, riesce ad ubicare una serie di mulini glaciali di grande interesse, e a raccogliere le informazioni fondamentali (logistica e trasporti) per una successiva spedizione "pesante".
Nel marzo 95 parte "Hielo Patagonico spedizione composta da sedici ricercatori accompagnati da oltre due tonnellate di materiali. Oggetto dello studio è il ghiacciaio Perito Moreno, una delle "piccole" lingue laterali (60 kmq) che scendono dallo Hielo Continental, lungo oltre 400 km, la massa glaciale più vasta al mondo al di fuori delle zone polari. Nel corso della spedizione vendono scese ed esplorate 11 grandi cavità, percorrendo in totale 1200 km sul ghiacciaio. Viene esplorata in parte e topografata la cavità Perito Meccanico, che con 1040 metri di sviluppo topografato risulta essere la più lunga galleria endoglaciale del mondo. I tempi delle esplorazioni devono essere valutati con molta attenzione, dato che il regime idrico interno può variare repentinamente (da 170 a 3500 litri al secondo nel giro di poche ore). Vengono effettuate colorazioni con fluoresceina per tracciare i percorsi delle scque sotterranee.Viene esplorata la grotta Coltrane, forse la cavità più affascinante sia per le dimensioni che per le incredibili condizioni di luminosità anche a grandi profondità. Il ghiaccio, particolarmente puro e compatto, permette infatti alla luce di filtrare, anche se solo nella sua componente blu, fino a 60 metri di profondità, creando ambienti difficilmente descrivibili anche dalle migliori fotografie. Vengono infine realizzate le prime immersioni glaciospeleosubacquee del mondo, sia nei crepacci allagati in superficie sia nelle gallerie orizzontali di trasporto dell'acqua. Immersioni che richiedono attrezzature sofisticate e grande esperienza, se si pensa che la temperatura in queste acque è di 0 , e che per la prima volta vengono messi a punto metodi e tecniche esplorative in questo campo.
Durante la spedizione viene realizzata una diretta per "Ultimo minuto" (RAI 3) e un documentario per "La Compagnia deiViaggiatori" (Canale 5); al ritorno in Italia vengono inoltre realizzate interviste su RAI 1 e RAI 2. Vengono pubblicati articoli su Alp, Airone, Aqua, e nel febbraio 96 sul National Geographic Magazine.
Nel febbraio 97 una nuova ricognizione sul ghiacciaio Viedma (Patagonia Argentina) e sulla Cordillera Darwin (Terra del Fuoco, Cile) pone le basi per le fasi future del progetto, che tenterà di sondare il fenomeno glaciocarsico in aree che, per le distanze e per la superficie da esplorare rappresentano delle vere e proprie sfide organizzative e logistiche.
- 1991: Ghiacciaio Marconi, 8 persone per 5 giorni
- 1994: Ghiacciaio Perito Moreno, 3 persone per 15 giorni
- 1995: Ghiacciaio Perito Moreno, 22 persone per 18 giorni
- 1997: Ghiacciaio Viedma, 6 persone per 10 giorni
- 2004: Ghiacciaio Upsala, 14 persone per 18 giorni
- 2004: Ghiacciaio Grey, 11 persone per 16 giorni
Ghiacciaio Perito Moreno - Argentina
E' stato oggetto di una ricognizione nel 1994 e di una spedizione nel 1995, durante la quale è stato realizzato un documentario e vari filmati minori. Ghiacciaio molto famoso, deve la sua eccezionalità soprattutto al fatto di avere un vasto bacino di alimentazione, che viene drenato da una lingua relativamente piccola e corta. I pozzi glaciali sono numerosi e spesso imponenti. Il drenaggio principale è sul centro della lingua (Rio Malbec) che si getta in un enorme pozzo, non esplorabile perché la cascata è di vari metri cubi al secondo. Si tratta però di un pozzo che si riforma più volte in una sola stagione, lasciando pozzi fossili a valle dell'assorbimento. E' stato esplorato uno di questi (Coltrane) di una sessantina di metri di profondità, a cui seguono imponenti gallerie per un paio di centinaia di metri. L'assorbimento del fiume avviene proprio poco a monte della zona in scorrimento estensivo prima della fronte. Probabilmente il fiume prima non riesce a penetrare perché il ghiaccio del centro lingua è estremamente compatto dato che si muove in modo abbastanza uniforme. Gli altri mulini tendono invece a presentarsi lungo tutta la lingua, ma sui lati, dove il ghiaccio scorre in modo più differenziato, cosa che crea una permeabilità maggiore. Il punto nettamente più interessante è però la formazione di grotte orrizzontali, epidermiche. Un rio che scorre quasi parallelo al Malbec sulla destra idrografica, si inabissa ma senza approfondirsi, e prosegue sotto la superficie ad una profondità di 5-20 metri. Ne abbiamo potuto esplorare e rilevare 1150 metri, e risulta la grotta glaciale più lunga esistente al mondo. Ma la colorazione aveva mostrato che prima di tornare in superficie e unirsi al Malbec il fiume percorreva ancora una distanza almeno doppia. Anche sul lato sinistro del Rio Malbec ci sono forti evidenze di scorrimenti epidermici, ma non sono stati esplorati. Progetti: é opportuna una nuova spedizione che confronti lo stato delle cose a dieci anni di distanza. Inoltre va verificata l'esistenza di sorgive nella fronte galleggiante. Difficoltà: le operazioni non presentano gravi difficoltà, avvicinamento facile, accessibilità alle zone centrali facile, zona campo vicina alle zone operative.
Ghiacciaio Upsala - Argentina
Oggetto di sorvolo nel 1995 e di una spedizione nel 2004. La fase di regresso quasi catastrofico degli ultimi anni lo ha condizionato in un modo decisivo. Abbiamo stimato che il livello del ghiaccio sia diminuito di un centinaio di metri negli ultimi 15 anni e che dunque abbia perso decine di chilometri cubici di acqua. La letteratura scientifica indica che la crisi di bilancio di massa è stata aggravata dal fatto che nel lento regresso il ghiacciaio ha perso a metà anni '90 l'appoggio di due isolotti posti alla fronte, e che ne impedivano il «franamento» nel lago. Mancato quel sostegno l'intera lingua è scivolata a valle con scorrimento estensivo che ha aperto crepacci perpendicolari al vettore di flusso sino a 12 km dalla fronte! Questo ha completamente azzerato il reticolo idrografico, sia esterno che interno. In pratica, superate immense difficoltà tecniche per accedere alle parti centrali, abbiamo trovato numerose tracce di carsismo che però è frammentato in modo totale dalle zone crepacciate. Uniche zone carsiche sono a monte della zona interessata dai crepacci estensivi e piccole zone sulla fronte della lingua di sinistra. La prima è all'altezza dell'a-monte della Laguna Azul, unica zona in cui il ghiacciaio è attraversabile. Vi sono numerosi fiumi di medie dimensioni che si gettano in pozzi non imponenti. Non essendoci pozzi fossili, dato che lo scorrimento del ghiaccio è piuttosto lento, non è stato possibile fare esplorazioni significative. Molto più interessante sono le piccole grotte che si sono formate nella lingua di sinistra, destinata a breve vita col ritmo di fusione attuale. Si tratta di forme carsiche abbastanza superficiali, anche con imponenti, ma brevi, condotti, con ogni evidenza formatesi soprattutto in fondo a vecchi laghi. Sono risultate di estremo interesse perché hanno permesso di vedere le micro-strutture di drenaggio interne alla massa glaciale. Progetti: allo stato attuale il ghiacciaio non ha interesse carsico, se non per studi mirati. Difficoltà: gravi difficoltà di avvicinamento legate alla sua vastità, grande distanza delle basi dalle zone operative, estreme difficoltà di spostamento sulla superficie ghiacciata.
Ghiacciaio Grey - Chile
E' stato oggetto di una spedizione nel 2004. E' un ghiaccio che assomiglia moltissimo al ghiacciaio Upsala, e anche in questo caso le ricerche si sono concentrate sulla lingua di sinistra orografica . E' anch'esso in fase di regresso, ma in uno stato meno catastrofico del precedente. La lingua di sinistra ha una rete di drenaggio quasi a ventaglio, con fiumi di dimensioni contenuti ma che scorrono in vallette di dimensioni imponenti, ma molto appiattite. Si gettano in pozzi di buone dimensioni ma di profondità relativamente piccola. I pozzi sono soggetti a riempirsi d'acqua e del resto è frequente incontrare sulla superficie pozzi abbandonati e pieni d'acqua. Vi abbiamo esplorato e rilevato 17 grotte, profonde sino a 70 metri ma con sviluppi scarsi. Il fenomeno delle forme carsiche superficiali è ancora più intenso che nel caso dell'Upsala, soprattutto sulla lingua principale. Progetti: è rimasta inesplorata la parte mediana della lingua principale, ma essa è risultata irraggiungibile a causa di linee di seracchi invalicabili. In futuro si potrà pensare a una ricognizione ma con elicottero. Difficoltà: contenute. Avvicinamento molto facile, zona base ottima e a poca distanza dalle zone operative, ma anche questo ghiacciaio presenta zone praticamente invalicabili.
Ghiacciaio Tyndall - Chile
E' stato oggetto di una spedizione nel 2000. E' un ghiacciaio dalla superficie abbastanza regolare, e tutta la zona di ablazione è attraversata da una serie di tre fiumi paralleli, un po' come avviene anche nel Perito Moreno, ma con dimensioni ben maggiori. I fiumi si gettano in pozzi di dimensioni enormi, che ci hanno mostrato un effetto poi ritrovato sul Grey: il livello dell'acqua nei pozzi varia in dipendenza del flusso d'acqua di alimentazione. Abbiamo potuto seguire il livello dell'acqua per un ciclo di 24 ore nel pozzo denominato Vicecapo. Il livello varia da -10 sino a -105. La curva di carico e scarico ha permesso per la prima volta di determinare in modo indiretto che la profondità del drenaggio è a -140 sotto la superficie, proprio dove era atteso dai modelli numerici di carsismo glaciale, e contrariamente a quanto in genere ipotizzato dalla glaciologia, che assume il drenaggio sul letto roccioso. Vi sono anche numerosi pozzi completamente pieni d'acqua, spesso di dimensioni imponenti: appaiono essere profondissimi, e ha interesse determinarne la forma in profondità per verificare i modelli numerici di evoluzione di simili depositi. Ci sono anche numerosissime forme di carsismo superficiale o poco profondo. Non abbiamo trovato tracce di condotte epidermiche con sviluppo rilevante. Progetti: dal punto di vista esplorativo il quadro è abbastanza completo, ma rimane interessante precisare la conoscenza di questo spettacolare fenomeno del riempimento e svuotamento dei pozzi glaciali, dato che dà dirette informazioni sulla struttura del drenaggio sub-glaciale. Occorrerà dunque realizzare un monitoraggio automatico. Un altro capitolo interessante è quello delle immersioni negli immensi serbatoi d'acqua che risultano dal riempimento di pozzi. Difficoltà: un po' lungo l'avvicinamento, e anche la zona base risulta lontana dalle zone operative. Gli spostamenti sul ghiacciaio sono invece in genere abbastanza buoni, anche se ostacolati dai fiumi che sono praticamente invalicabili.
Ghiacciaio Pio XI - Chile
Ha caratteristiche di estremo interesse perché ha in comune molte caratteristiche col Perito Moreno. Le foto da satellite non mostrano particolari forme di drenaggio superficiale, che dunque dovrebbe essere di tipo diverso da Tyndall e Grey. Non essendo in particolare regresso non dovremmo incontrare criticità come nell'Upsala. L'avvicinamento al ghiacciaio avviene via mare e dunque non è particolarmente difficile, ma è molto lento. Progetti: la ricognizione è prevista nel gennaio 2005. Difficoltà: non note, ma quella che probabilmente sarà più rilevante è la meteorologia avversa legata all'esposizione marina e occidentale del ghiacciaio.
Ghiacciaiaio Ameghino - Argentina
Si tratta di un ghiacciaio minore del sistema glaciale dello Hielo Continental Sur, che si trova poco a nord del più noto Perito Moreno. E’ stato oggetto di una ricognizione nel 2010, dopo la campagna di ricerche al Moreno.
Il ghiacciaio è stato interessato da un forte ritiro che negli ultimi 50 anni ha portato ad un arretramento della fronte di oltre 4 km. Attualmente l’ablazione è intensa su tutta la parte medio-bassa della lingua. L’accesso è complesso a causa del superamento del lago, che occupa la valle proglaciale, lungo quasi 5 km. La ricerca di un percorso via terra, sulla ripida e scoscesa morena laterale di destra (idrografica), richiede quasi una intera giornata di cammino.
Il ghiacciaio si è dimostrato essere molto interessante, con abbondante scorrimento e numerosi mulini. La parte superiore della lingua, che dalle foto aeree risultava essere ricca di bédière e mulini, è stata vista solo di sfuggita ma ha mostrato essere interessante e ricca di inghiottitoi. Nella zona inferiore, subito a monte della fronte, è presente una idrografia complessa e frammentata che alimenta un gran numero di inghiottitoi, anche di ampie dimensioni. In questa zona sono stati scesi una decina di mulini sino a profondità massime di 30 m.
Sono stati individuati vari imbocchi di grotte subglaciali, non esplorate per mancanza di tempo. E’ nostra intenzione tornare su questo promettente ghiacciaio nei prossimi anni, per dare seguito ad un serio progetto di studio e ricerca.
Considerazioni finali
Le spedizioni finora completate hanno permesso di delineare un quadro abbastanza completo sia della logistica che degli enigmi dei ghiacciai che scendono dallo Hielo patagonico Sur. Ne è risultato che ogni ghiacciaio ha le sue peculiarità, dovute a differenti esposizioni, forma del letto, velocità di reazione a cambiamenti climatici, rapporto fra le superfici di accumulazione e di ablazione. L'unica regola generale che possiamo dare per questi ghiacciai è che si tratta di strutture molto piccole rispetto alle superfici che drenano, e quindi che sono lingue capaci di spingersi a quote sorprendentemente basse. Nelle condizioni climatiche della Patagonia un ghiaccio vallivo potrebbe esistere solo al di sopra dei 1500 m s.l.m., mentre con quella configurazione essi possono scendere sino a zone climatiche a cui non ci si aspetta di trovare ghiaccio naturale. E' questo il motivo che permette panorami come quelli donati dal Grey o dal Perito Moreno, immensi fiumi di ghiaccio che scorrono fra boschi. Questo reca con sé il fatto che il carsismo glaciale che vi si forma, strettamente legato all'intensità dell'ablazione, è di intensità estrema, e che dunque questi ghiacciai risultano un santuario di questo tipo di ricerche. Inoltre essi sono ghiacciai con la fronte in acqua e questo permette un tipo di indagine rischiosa ma assolutamente cruciale: la ricerca sistematica di sorgenti nelle zone frontali, a pelo dell'acqua. Infatti tradizionalmente si ritiene che nei ghiacciai lo scorrimento dell'acqua avvenga alla superficie di contatto fra roccia e ghiaccio, mentre invece le nostre ricerche hanno mostrato scorrimenti prevalenti a profondità di 100-150 metri e quindi ben nel nucleo del ghiacciaio. Questi scorrimenti finiscono inevitabilmente a contatto con la roccia nelle parti terminali dei ghiacciai con fronte terrestre, ma non accade lo stesso in quelli con fronte in acqua, dove lo scorrimento deve proseguire sul livello dell'acquifero interno fino a sbucare nel lago a piccola profondità. I ghiacciai patagonici permettono di evidenziare questo fenomeno, che per ora è solo ipotizzato. Si tratta dunque di ghiacciai con processi di fusione intensissimi e geometria favorevole. Ma in queste considerazioni conclusive dobbiamo sottolineare che ci ha assolutamente sorpresi l'intensità di variazione, da un ghiacciaio all'altro, delle forme e caratteristiche dei reticoli di drenaggio. Non l'avevamo per nulla prevista; anzi, le condizioni climatiche apparivano abbastanza simili dall'uno all'altro, le dimensioni enormi parevano metterli al riparo da variabilità legate alla forma del letto glaciale, le zone di alimentazione sembravano confrontabili, e quindi ci aspettavamo che le caratteristiche dei reticoli di drenaggio e delle grotte fossero simili. Invece no, ogni ghiacciaio fa storia a sé, e in realtà avere capito questo punto è stato il risultato più importante delle ricerche che abbiamo condotto sinora. I motivi di questa variabilità di comportamento possono essere diversi e possiamo solo fare ipotesi. Un primo fatto è che la somiglianza climatica attorno allo Hielo Continental è probabilmente solo apparente, e legata soprattutto al fatto che le stazioni meteorologiche presenti sono ridicolmente inadeguate a valutarne la variabilità. Inoltre si tratta di ghiacciai veramente molto profondi (ben oltre 500 metri), e dunque le pareti laterali sono capaci di creare influenza sugli sforzi di scorrimento, e quindi una dipendenza dalla forma della valle, anche su larghezze di molti chilometri. Un ulteriore fatto è che abbiamo preso a studiare i ghiacciai proprio nel momento più sfortunato dell'intero ultimo millennio, quando si sta evidenziando una crisi climatica di dimensioni planetarie; a causa di questo stiamo studiando ghiacciai non nel loro stato di equilibrio, ma in situazione di crisi, cioè in fasi di transizione. Questo fa senza dubbio crescere l'interesse delle ricerche, ma rende molto difficile le interpretazioni, perché in fasi di transizione vengono amplificati fenomeni normalmente marginali. Ancora: anche l'uniformità delle zone di alimentazione è solo apparente, ogni lingua glaciale drena areali specifici dello Hielo Continental, che in realtà sono molto variabili dall'una all'altra, sia per l'alimentazione che per lo scorrimento a valle. Notiamo infine che da tutte queste considerazioni è evidente che l'età e la storia dei ghiacci che costituiscono ogni lingua sono sia molto grandi, che molto diverse l'uno dall'altro. Questo implica diversità di caratteristiche fisiche e di comportamenti meccanici; l'effetto più evidente di questa «anomalia» dei ghiacciai patagonici è il loro colore, ma la più importante è probabilmente la loro permeabilità all'acqua, sulla quale occorrerà fare studi specifici.
Ma tutto questo è ancora da capire, perché finora abbiamo appena scalfito la superficie di un mistero. Col nostro progetto vogliamo realizzare qualche passo avanti nella comprensione di questi ghiacciai, ma soprattutto vogliamo cogliere l'occasione di queste ricerche per fare conoscere e apprezzare a tutti l'enigmaticità e l'insensata bellezza di questa parte del nostro pianeta.
Spedizione Mitre 2005
Esplorazioni delle grotte più australi del mondo.
Nel corso della spedizione sono state scoperte ed esplorate le grotte finora note più a sud della Terra. La missione, realizzata in stretta collaborazione con il Centro Austral de Investigación Cientifica (CADIC) di Ushuaia e con la Sociedad Argentina de Espeleologia di Buenos Aires, è durata 15 giorni ed è stata patrocinata da Società Speleologica Italiana, Club Alpino Italiano, Istituto Italiano di Speleologia dell'Università di Bologna, Museo del Fin del Mundo di Ushuaia, Provincia de la Tierra del Fuego.
I partecipanti sono stati Tullio Bernabei, Tono De Vivo, Giovanni Todini, Andrea Broglia (La Venta), Ernesto Piana (CADIC/La Venta) e Sergio Anselmino (Museo del Fin del Mundo).
Nel marzo del 2004 Anselmino aveva percorso l'intera penisola a piedi e in solitaria (650 km in 45 giorni), notando la presenza di alcune cavità lungo la costa sud, nella zona di Bahia Aguirre.
Sulla base di queste osservazioni il gruppo La Venta ha deciso di organizzare una spedizione il cui obiettivo era raggiungere ed esplorare queste grotte. Va sottolineato che la Peninsula Mitre non presenta tracce di calcari, ma è prevalentemente costituita da rocce di origine vulcanica (formazione Lemaire), dove fino ad oggi non era ritenuta possibile l'esistenza di fenomeni ipogei.
Le difficoltà principali sono state legate all'isolamento della zona di Bahia Aguirre, al tipo di terreno e al clima. L'area oggetto delle ricerche si trova a circa 120 km dalle ultime piste carrozzabili: è stato quindi necessario utilizzare un elicottero per limitare i tempi di avvicinamento.
Il terreno è costituito in prevalenza da montagne alte fino ai 1000 m e circondate da estese torbiere e paludi, alternate a boscaglia fittissima di lenga (faggio australe): a volte gli arbusti costringono a procedere su una sorta di tappeto sospeso su accumuli di tronchi in decomposizione.
Per quanto riguarda il clima, la zona è soggetta ad una meteorologia estremamente variabile: pur trovandoci nell'estate australe, nel giro di poche ore si passa dal sole a forti precipitazioni, anche nevose, con venti che possono superare i 150 km orari. Inoltre, trattandosi di grotte sul mare, giocano un ruolo fondamentale sia il moto ondoso, spesso imponente, che le forti maree (con escursioni anche di 3 m).
L'avvicinamento in elicottero ha permesso di arrivare a circa 5 km in linea d'aria dalla zona delle grotte, delle quali non si aveva un posizionamento preciso ma solo ricordi sulle pagine del diario di Sergio Anselmino. Lo spostamento dei materiali ha richiesto due giorni di trasporti su terreni impegnativi e ha consentito di installare un campo base a quota 210 slm, sopra la fascia costiera nella quale si ipotizzava la presenza delle cavità.
La costa, estremamente frastagliata, è caratterizzata in questa zona da alte pareti rocciose interrotte da ripidi canaloni, che sono stati utilizzati come vie di accesso al mare. Per lo spostamento lungo la costa e in condizioni di alta marea è stato necessario attrezzare una teleferica mediante corde. Dopo vari giorni di ricerca lungo un tratto di litorale esteso 2 km sono state individuate, esplorate e topografate 14 grotte per un totale di 467 m di sviluppo. Mentre alcune cavità presentano caratteristiche tipicamente marine e poca estensione, altre sono legate a origini tettoniche e sono più lunghe e articolate: fra queste la Cueva del Mitre, che raggiunge i 160 m di sviluppo planimetrico e presenta 3 ingressi. Nonostante il tipo di roccia in cui si aprono le cavità, alcune di queste ospitano formazioni stalattitiche e mineralizzazioni di estremo interesse, ora allo studio presso l'Istituto Italiano di Speleologia.
La presenza di Ernesto Piana, archeologo e antropologo del CADIC, ha consentito di verificare l'assenza di qualsiasi traccia umana nelle cavità scoperte. In cambio è stato rinvenuto nei pressi, su una terrazza a 40 slm, un nuovo sito archeologico caratterizzato da resti di mìtili, ossa di guanaco e leone marino, assieme a tracce di carbone.
Le grotte finora esplorate nelle zone più meridionali del mondo risultavano essere quelle della provincia Ultima Esperanza, in Cile, sul versante dell'Oceano Pacifico. Le nuove grotte del Mitre si trovano invece circa 500 km più a sud, poco sopra i 55° di latitudine. Oltre esistono solo mare e il continente antartico, dove nel 2000 lo stesso gruppo La Venta ha esplorato altre grotte: ma in questo caso all'interno dei ghiacciai e non in formazioni rocciose.
Partner: Centro Austral de Investigación Cientifica, Provincia de la Tierra del Fuego, Società Speleologica Italiana, Istituto Italiano di Speleologia, Club Alpino Italiano
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