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Pubblicato: Lunedì, 18 Novembre 2013 14:39
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In epoca preispanica la regione corrispondente all'attuale stato di Coahuila faceva parte dell'enorme area culturale nota come Aridamerica, che si estendeva tra Messico settentrionale e Sudovest degli Stati Uniti. Al suo interno si distinguono diverse subaree: California Centrale e Meridionale, Gran Bacino, Arizona Nordoccidentale, Apacheria, Bassa California, Costa di Sonora e Sinaloa, Texas Meridionale e Messico Settentrionale; a quest'ultima subarea apparteneva il territorio dell'attuale stato di Coahuila.
L'Aridamerica era detta dagli Aztechi "La Terra dei Chichimechi", ossia la "Terra dei Popoli del Cane", cioè i nomadi. L'Aridamerica è sempre stata l'area culturale più nettamente conservativa di tutto il continente americano e vi perdurarono sino all'epoca del contatto con gli europei stili di vita di tipo "arcaico" che in altre aree erano stati abbandonati da millenni; in Mesoamerica, ad esempio, il cosiddetto periodo Arcaico terminò attorno al 1800 a.C. Questo significa che in tutta l'Aridamerica (eccezion fatta per una sorta di "isola" nel Sudovest degli Stati Uniti, non a caso detta Oasiamerica) non si praticò l'agricoltura, non si usò la ceramica, non si costruirono edifici monumentali, non nacquero stati, etc.
I popoli aridamericani erano organizzati in pccole bande di cacciatori- raccoglitori nomadi i cui circuiti di nomadismo ciclico erano strettamente legati alle fonti d'acqua disponibli; sopravvivevano nell'ambiente desertico fondando la loro sussistenza su pante del deserto come pithayas, radici di yuca, agave, mezcal, palma, radici e tuberi, fichi d'india e su animali come volp, lepri, conigli, ratti, serpenti, uccelli, insetti e su prodotti naturali come il miele.
I diversi gruppi erano comandati da capi tribù, il cui potere era normalmente ottenuto per prestigio personale, che conducevano gli scontri contro grupp rivali. Gli individui vivevano nudi o con perizomi di fibra vegetale o di pelle; ai pedi portavano sandali di fibre intrecciate. Portavano i capelli lunghi, sciolti o intrecciati, tenuti da una fascia colorata sulla fronte. La loro cultura materiale comprendeva una cesteria molto sviluppata, dardi di legno con punte in selce che venivano scagliati con il propulsore, macine e pestelli in petra per macinare i semi raccolti, strumenti in osso o in corno.
Gli aspetti relativi alla sfera religiosa o sprituale sono poco noti: sappamo che facevano uso del peyote per avere visioni durante cerimonie e danze accompagnate da musiche suonate con tamburi, sonagli, zucche e sonagli di serpenti. Sicuramente possedevano una tradizione orale molto articolata. Sappamo che in alcuni i casi i defunti erano avvolti in stuoie di vimini e legati in involti funerari. Visto il quadro generale, non c'è da stupirsi che gli informatori aztechi di Bernardino de Sahagún descrivessero così la terra dei Chichimechi:
«È un luogo di miseria, di dolore, di sofferenza, fatica, povertà e tormento. È un luogo di secche rocce, di fallimento; un luogo di lamenti, di morte, di sete, di inanizione. È un luogo di molta fame e molta morte.»
Etnostoria di Cuatro Ciénegas
La documentazione storico-etnografica dell'età coloniale, riferibile principalmente al periodo compreso tra 1650 e 1750, ci dice che in quest'epoca la zona di Cuatro Ciénegas era frequentata da molti gruppi di indigeni, nel complesso detti Coahuileños o Coahuilas, diffusi in tutta la regione a nord e nordest del distretto di Parras-Laguna.
Questi gruppi, appartenenti alla famiglia linguistica hokano-coahuilteca, occupavano una fascia continua che si estendeva da Mapimí a Monclova e Cuatro Ciénegas. Nel caso di Cuatro Ciénegas, le fonti storiche citano esplicitamente i gruppi noti con i nomi di Cabezas, Salineros, Cíbolas, Baborizagames, Baborimamas, Corcobados, Ygoquibas, Yguitoros e Contotores, tra gli altri.
È difficile capire quanto i nomi menzionati nei documenti facessero riferimento a gruppi etnici, a "bande" o addirittura a semplici gruppi familiari.
In generale queste bande unite da mutevoli ed effimere alleanze, erravano per la regione compiendo scorrerie contro gruppi rivali. In molti casi le bande di Coahuileños si allearono (o, alternativamente, combatterono) con i Tobosos, un ampio gruppo di incerta affiliazione che occupava le regioni occidentali di Coahuila. È probabile che questa tendenza a unirsi in ampie alleanze, spesso sotto l'egida di un singolo capo autorevole, fosse almeno in parte un'innovazione dell'età coloniale, causata dalla presenza di un nuovo nemico comune: gli invasori spagnoli.
Lo scontro con il mondo spagnolo coloniale causò un rapido declino dei gruppi indigeni della zona, i quali alla metà del XVIII secolo erano ormai quasi completamente estinti. Approfittando del "vuoto" lasciato dai gruppi tradizionalmente insediati nella regione, nuovi gruppi indigeni si spinsero nei territori dell'attuale stato di Coahuila. Giunsero allora gruppi uto- aztechi come i Comanche e soprattutto, a partire dal 1740-50, gli Apache, indigeni di lingua atapascana le cui lontane origini vanno cercate nei territori dell'attuale Canada, che occuparono quasi tuttta la regione. Ma anche loro furono rapidamente vittime del nuovo mondo coloniale: la componente indigena dello stato di Coahuila è oggi sostanzialmente nulla.
Ricerche archeologiche a Cuatro Ciénegas
Tra le diverse regioni aridamericane la zona dell'attuale stato di Coahuila è stata relativamente ben studiata dal punto di vista archeologico ed è da questa zona che proviene la maggior parte dei dati disponibili su alcune delle fasi più antiche della preistoria Aridamericana.
Il bolsón di Cuatro Cuénegas e i canyons adiacenti furono esplorati tra il 1937 e il 1947 da Walter W. Taylor nel corso del suo Coahuila Project, parzialmente finanziato dall'United States National Museum della Smithsonian Institution di Washington. Taylor esplorò molte grotte della zona (ignorando sostanzialmente gli scarsissimi e mal preservati siti all'aperto) ma purtroppo i risultati delle ricerche sono stati pubblicati in modo frammentario e incompleto.
Il patrimonio archeologico della regione di Cuatro Ciénegas è costituito sostanzialmente da siti in grotta e da manifestazioni di arte rupestre.
Nelle grotte della regione sono stati rinvenuti livelli di occupazioni temporanee, con focolari e una grande abbondanza di materiali derivanti da attività quotidiane, e diversi contesti funerari, con i defunti avvolti in stuoie e spesso coperti da mucchi di pietre. Molto ricca è l'arte rupestre della regione, generalmente costituita da figure geometriche in rosso, giallo e ocra; in alcuni casi si osservano figure antropomorfe verticali e allungate, probabili raffigurazioni di "spiriti" o di uomini durante esperienze estatiche.
Sebbene le ricerche del Progetto Cuatro Ciénegas dell'Associazione La Venta non abbiano (almeno per ora) obbiettivi di carattere archeologico, durante le esplorazioni nella zona abbiamo trovato casualmente diversi elementi archeologici come punte di freccia, pitture rupestri e contesti funerari in grotta, uno dei quali con presenza di stuoie. Il ritrovamento principale è stato certamente quello di un riparo con una parete rocciosa di oltre 30 metri, coperta di pitture rupestri di notevole bellezza e policromia. Tutti i ritrovamenti archeologici sono stati registrati fotograficamente e, ovviamente, lasciati in situ senza disturbarne la situazione originale.
La sequenza archeologica di Cuatro Ciénegas
I più antichi ritrovamenti archeologici nello stato di Coahuila risalgono alla fine del Pleistocene e consistono in punte di giavellotto rinvenute nella Cueva Espantosa e a La Chuparrosa. È però con l'inizio dell'Olocene che si sviluppano le più importanti tradizioni culturali della zona, nell'insieme riferibili alla cosiddetta Tradizione del Deserto, e in gran parte identificate proprio nel bolsón di Cuatro Ciénegas.
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La grotta è costituita da un asse principale, che si sviluppa in direzione NNW-SSE, lungo circa 7 km, formato da una grande galleria percorsa dal fiume. La galleria principale presenta diverse diramazioni, e qualche modesto affluente, soprattutto da sinistra. L’affluente principale è quello dell’Australian's Inlet, poco a valle del Rockpile, proveniente da una zona depressa situata poco a sud del Barrio Sabang. Un altro piccolo affluente sinistro si trova non lontano dal Daylight. Sul lato destro, l’unico affluente degno di nota si trova circa 1 km a monte del Rockpile, e proviene da una breve diramazione chiusa da un sifone.
Gallerie parallele a quote vicine al livello del mare, si sviluppano soprattutto sul lato sinistro del ramo principale, nella sua parte media e inferiore (Cin Gallery). Parte di queste gallerie è riattivata durante le piene, come testimonia la presenza d’ingenti depositi alluvionali attuali. Nella parte inferiore del fiume sotterraneo si sviluppano altre piccole gallerie parallele, semi allagate, che danno origine a una sorta di reticolo a canali intrecciati, tipico delle zone intertidali d’estuario (zone situate tra alta e bassa marea).
Una di queste diramazioni laterali, che ha inizio sul lato destro circa 150 m a monte della entrata di valle, si sviluppa a pochi metri s.l.m. sino a un’imponente colata stalagmitica di là dalla quale la galleria prosegue assumendo dimensioni notevoli e con morfologia a forra. Di fatto siamo entrati in una sorta di fiume parallelo, la cui esistenza era sospettata da qualche tempo, alimentato dalle acque d’infiltrazione raccolte dal massiccio carsico e non da inghiottitoi, e quindi attivo solo durante la stagione umida.
La galleria (150 years Gallery), che a tratti ha larghezze sino a 30 m e altezze di 40-50 m, si sviluppa per circa 4 km in direzione SW, quindi parallela al fiume principale, ma a quote di qualche decina di m. La morfologia è quella di una grande canyon sotterraneo con terrazzi d’erosione sulle pareti e depositi alluvionali. Per lunghi tratti le pareti sono coperte da spettacolari concrezioni cristalline coralloidi e da eccentriche. La galleria ha termine con un grande ambiente di frana (Magellan Chamber), ormai vicino ai grandi saloni che si sviluppano superiormente al fiume principale. Di sotto a questa galleria si trovano alcune diramazioni con morfologie chiaramente epifreatiche, probabilmente formatesi per risalita periodica della superficie piezometrica.
Nella porzione meridionale del sistema carsico sotterraneo si trovano invece alcune grandi diramazioni superiori (Halohalo Gallery), sul lato destro rispetto all’attuale percorso attivo, che rappresentano i segmenti, oggi divisi da crolli o riempimenti, di un antico tracciato del fiume sotterraneo con gallerie che hanno dimensioni in genere maggiori di quelle del collettore attuale. Laddove si è conservata la forma originaria del condotto, la quota del pavimento si trova intorno a 50-60 m s.l.m. Molti settori sono state oggetto di crolli, che ne hanno ampliato le dimensioni creando grandi sale come l’Italian’s Chamber, che presenta una lunghezza di 300 m, una larghezza massima di 140 m ed un’altezza stimata di 80 m, per un volume di circa 2,5 milioni di metri cubi.