Un secondo gruppo ha fatto campo presso la colonia di Monte Bonito, sul versante nord est di El Ocote, esplorando e rilevando almeno dieci grandi grotte (tra cui una con un pozzone da 80 metri) e raccogliendo innumerevoli segnalazioni: anche qui, tanto per cambiare, c’è lavoro per molte generazioni di speleologi. Lo stesso gruppo avrebbe dovuto entrare in selva per raggiungere la zona di Quichivá, ma la pioggia ha trasformato il terreno in fango, e reso impossibile la progressione sui karren.
Contemporaneamente, un altro gruppo ha raggiunto la zona de La Conchuda, in destra orografica del canyon del Rio La Venta, dove un’imponente cascata segnala la presenza della risorgenza di Los Bordos: esplorata dai francesi alla fine degli anni ’80, la grotta riservava alcune incognite che avevamo provato a indagare l’anno scorso, e che abbiamo sciolto quest’anno: risalendo il corso del fiume sotterraneo, tra rapide e immensi canyon ipogei, abbiamo portato l’esplorazione e il rilievo a oltre 5 km di sviluppo complessivo. Il posto, sia sottoterra sia fuori, è fantastico: grandi vasche d’acqua turchese in mezzo alla foresta, flora rigogliosa e ogni tipo di animali. Ma l’avvicinamento è reso arduo dai dislivelli e, nella parte finale, dall’assenza di un vero e proprio sentiero, il che ci ha costretti a faticose arrampicate con tutti i materiali da campo. È stata una settimana emozionante, con le nostre tende piantate tra le rovine di una città perduta: per la sua incredibile bellezza, il posto fu abitato dagli Zoque, che vi costruirono templi e altri edifici, utilizzando le grotte come luoghi di sepoltura e santuari. A poche centinaia di metri dalla risorgenza di Los Borsos si apre El Porche, un portale alto circa trenta metri e profondo quaranta: incisioni e pitture rupestri al suo interno raccontano del tempo in cui questo fu un grande e importante santuario. Ci siamo entrati in punta di piedi, col fiato sospeso per l’emozione.
Dopo il faticoso ritorno, agevolato dall’uso di cavalli, il gruppo di Los Bordos si è spostato su un altro degli obiettivi di quest’anno: la zona di La Pera, nei pressi di Berriozabal, città d’origine del nostro socio Kaleb Zárate Gálvez. Si tratta di una montagna carsica a metà strada tra la zona di El Ocote e quella di San Fernando, non lontano da Tuxtla Gutiérrez. Scarsamente popolata e completamente coperta di foresta, La Pera ha un paesaggio esasperato che lascia intuire la presenza di grandi sistemi sotterranei. Abbiamo alloggiato in località San Rafael, presso un piccolo rancho, alquanto spartano, a quasi due ore di fuoristrada dalle ultime case di Berriozabal: niente elettricità (sonno e veglia sono dettati dal sole), niente acqua corrente (si raccoglie quella piovana, dal tetto in lamiera). Nel buio profondo della notte cantano i grilli, e sembra di sentirlo, il respiro delle grotte, mentre accarezza la foresta e si trasforma in canto ammaliatore.
A San Rafael abbiamo dormito nel rancho di don Umberto, una casa modestissima col pavimento in terra battuta, ci siamo svegliati prima dell’alba, tra le galline e qualche cane smunto, sotto gli occhi incuriositi di una decina di bambini. Il sole sorgeva poco dopo, colorando di rosa la foresta persa nella nebbia. Don Umberto ha la passione per le grotte: si è procurato un casco in alluminio e, torcia in bocca, si avventura nelle caverne che si aprono nei suoi oltre venti ettari di foresta. Ci ha accompagnato alle grotte più vicine al suo rancho: alcuni spettacolari pozzi che chiudono tra i 40 e i 60 metri di profondità, uno particolarmente imponente che arriva a -75, e una grotta fossile che lui stesso aveva percorso per alcune centinaia di metri. È lì che abbiamo concentrato i nostri sforzi esplorativi, rilevando in due giorni quasi due chilometri di grandi ambienti, fino a un imponente attivo, con spiagge sotterranee e foreste di concrezioni eccentriche. La grotta è labirintica, ma tutte le vie che abbiamo seguito conducono a crolli, concrezionamenti e sifoni di fango. Tuttavia c’è aria, e in alto occhieggiano finestroni bui e probabili meandri. In questa e in altre grotte della zona avremo di che divertirci in futuro.
Mentre scriviamo, un gruppo sta lavorando dentro la risorgenza di Paso Burro, che fornisce acqua a una parte di Berriozabal. Già vista in passato da speleologi europei e messicani, era ancora sprovvista di rilievo e documentazione fotografica, e non ne sono mai state verificate le possibilità di prosecuzione.
A La Pera siamo stati ospiti del municipio di Berriozabal, grazie alla sensibilità del presidente municipal Aldert Zepeta Valencia e del suo collaboratore Silvio Simeón Ovando Castañón, responsabile del settore Medio Ambiente. Grande contributo al nostro lavoro è venuto anche dalla biologa Patricia Elizabeth Pérez López, erpetologa, tra gli organizzatori della Cuarta Semana Internacional de Anfibios, evento che si svolgerà dal 3 all’8 maggio.
Nel pomeriggio faremo ritorno alla zona di El Ocote, dove trascorreremo un paio di giorni presso il Rancho El Arco, sede della Reserva La Venta. Qui porteremo avanti i rapporti con le colonie locali, prima di concludere la spedizione, sistemare tutti i materiali e dedicarci a due giorni di vacanza in giro per il Chiapas.
Anche quest’anno torniamo a casa carichi di sogni. Abbiamo visto grandi grotte, e altre le abbiamo immaginate; come l’impressionante voragine avvistata il primo giorno, durante il sorvolo in elicottero: nella zona nord della selva si apre un doppio sótano che per le sue caratteristiche morfologiche era sempre passato inosservato: non si apre a cielo aperto, ma sui versanti scoscesi di un rilievo, in una zona di profondi canyon e affilate creste calcaree, tra severissimi karren e nell’intrico verde della vegetazione. Assente sulle carte, è difficile vederlo sulle foto aeree o su Google: è un luogo remoto e solitario, avvolto nell’umidità perenne del mare vegetale di El Ocote, la “selva de las nubes”. Un posto fantastico e al tempo stesso reale. Lo abbiamo battezzato Macondo, in omaggio a Gabriel García Márquez, scomparso proprio in Messico qualche giorno fa, durante la nostra spedizione. Grazie alla Protección Civil del Estado de Chiapas abbiamo fatto alcuni tentativi di avvicinamento in elicottero, con l’idea di farci lasciare, in tre, su una cresta non lontana da Macondo, e da lì raggiungere l’ingresso. Ma quest’anno ci ha accolti un aprile particolarmente piovoso, e la visibilità prossima a zero ci ha costretti a rinunciare. Così la bocca spalancata di Macondo resta lì, nero invito nel cuore della foresta. Un motivo in più per ritornare in questa terra, dove ogni volta seminiamo pezzi di cuore.
Natalino Russo.
Sponsor: Ferrino, Dolomite, Intermatica, Scurion, Amphibious, De Walt, New Foods, Chelab, SAE, Hennessy Hammock, Mountain House.
Macondo e altre storie
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